La Mostarda d’Uva, conosciuta in Piemonte e nel Monferrato in particolare con il nome dialettale di Cugnà, è una delizia dal sapore antico che affonda le sue radici nella tradizione contadina. Questo prodotto unico nasce dalla sapiente lavorazione del mosto d’uva cotto, a cui aggiungiamo frutta fresca come mele cotogne, zucche, pere, mele, arance, fichi secchi, noci, nocciole tostate, scorza d’arancia e spezie. Il risultato è una confettura densa e aromatica, dal sapore dolce e leggermente speziato, capace di evocare i profumi e i colori dell’autunno piemontese.
Un tempo preparata nelle cascine durante il periodo della vendemmia per non sprecare il prezioso mosto d’uva, la Cugnà è oggi una rarità gastronomica monferrina che conserva tutto il fascino delle antiche tradizioni. Il suo sapore avvolgente e ricco di sfumature la rende perfetta per accompagnare una grande quantità di piatti e preparazioni.
Come si usa la Cugnà?
La Cugnà è estremamente versatile in cucina:
Perfetta per accompagnare formaggi stagionati come Castelmagno, Toma e Robiola.
Ottima con carni bollite o arrosti, secondo la tradizione piemontese.
Deliziosa spalmata su pane o biscotti per una colazione dal sapore antico.
Può essere gustata anche al cucchiaio come dolce semplice e naturale.
Essendo un prodotto legato alla stagionalità della vendemmia, la Cugnà viene preparata prevalentemente in autunno ed è considerata una vera prelibatezza da intenditori.
Un po’ di storia
Nel Monferrato, dopo la vendemmia, era consuetudine “racimolare” anche i piccoli grappoli d’uva lasciati sulla vite perché troppo aspri. Questi racimoli, una volta pigiati, producevano un mosto che veniva fatto ridurre lentamente per ore in un grande paiolo, posto sulla stufa o sospeso sopra il camino.
Ma non era solo l’uva a essere raccolta e utilizzata. Anche altri ingredienti venivano recuperati dalla natura prima che andassero perduti. A questi si aggiungevano spezie sapientemente dosate, e tutto veniva lasciato a bollire per ore nel paiolo, affinché i sapori si amalgamassero in una preparazione unica.
Il risultato di questa lenta cottura era la Mostarda d’uva, il cui nome deriva proprio da “mosto”. Un tempo era un dolce povero, ma estremamente versatile: si gustava con la polenta, accompagnava il bollito misto piemontese, esaltava i sapori dei formaggi stagionati, e persino veniva servita con la neve fresca, trasformandosi in un sorbetto naturale e genuino.